Intestazione



Le mie citazioni preferite

C'è gente che possiede una biblioteca come un eunuco un harem (Victor Hugo)
Il mediocre imita, il genio ruba (Oscar Wilde)
Amicus Plato, sed magis amica veritas – Mi è amico Platone, ma ancora più amica la verità (Aristotele)
Se devi parlare, fa' che le tue parole siano migliori del silenzio (Antico detto cinese)
Contro la stupidità neppure gli dei possono nulla (Friedrich Schiller)
Disapprovo le tue opinioni, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di esprimerle (Voltaire)
Lo stolto ha solo certezze; il sapiente non ha che dubbi (Socrate)
Sognatore è un uomo con i piedi fortemente appoggiati sulle nuvole (Ennio Flaiano)

domenica 18 novembre 2012

Cineforum – Piccoli e grandi film d'ogni tempo (VIII)

Il gabinetto del dottor Caligari (Das Cabinet der Dr. Caligari, D, 1920, b/n con viraggi, 71 min)

Regia: Robert Wiene


Interpreti: Friedrich Fehér, Werner Krauss, Konrad Veidt, Lil Dagover, Hans Heinrich von Twardowski


Soggetto e sceneggiatura: Hans Janowitz, Carl Mayer


Fotografia: Willy Hameister


Genere: drammatico-horror


Musica: Giuseppe Becce



La trama: seduti su una panchina, il giovane Franz (Fehér) e un anziano discorrono; il giovane racconta all'altro una storia allucinante che si snoda come un lungo flashback in pratica della durata di tutto il film: l'ambiguo dottor Caligari (Krauss) espone alla fiera del paese un fenomeno da baraccone, il sonnambulo Cesare (Veidt); svegliato dal suo sonno, Cesare è in grado di predire il futuro.
Una serie di misteriosi delitti si verifica in concomitanza con l'arrivo di Caligari; ad Alan (von Twardowski), amico di Franz, viene predetto da Cesare che morirà la mattina seguente, e la predizione puntualmente si avvera; la giovane Jane (Dagover), di cui sono innamorati sia Franz che Alan, viene rapita. Sarà Franz a convincere le forze dell'ordine che il colpevole di tutto è Caligari, che manovra Cesare a suo piacimento ordinandogli di commettere ogni tipo di delitto; braccato dalla polizia Caligari si rifugia in un manicomio, del quale si scopre essere il direttore.
Alla fine del lungo flashback viene rivelato allo spettatore che Franz, il suo interlocutore e i suoi amici, sono tutti ospiti del manicomio, e che la storia raccontata è un'allucinazione della sua mente malata; ma è davvero così o è il dottor Caligari che, riuscendo a farli passare per pazzi e internandoli, potrà proseguire indisturbato i suoi folli esperimenti?

Il commento: iniziatore ed emblema del cinema espressionista (secondo alcuni critici si tratterebbe dell'unico vero film espressionista in senso stretto), Il gabinetto del dottor Caligari è uno dei più alti esempi di suggestione visiva mai visti al cinema: la tecnica registica ancora rudimentale (lunghe riprese a macchina fissa, poco montaggio, insistiti primi piani, dissolvenze a diaframma), lungi dall'appiattirlo, gli comunica invece un senso di claustrofobica e angosciosa allucinazione; così la recitazione (tipicamente teatrale), il pesante trucco degli interpreti e le incredibili scenografie, dove nulla (dalle case alle strade agli oggetti di uso comune come sedie e tavoli) ha un aspetto normale: l'arredamento degli interni sembra preso dai quadri di De Chirico o di Dalí; all'esterno, vie contorte e zigzaganti che si trasformano sovente in vicoli ciechi, case dalle architetture impossibili e volutamente artificiose, tutto contribuisce a rendere con sorprendente efficacia l'atmosfera di disturbo mentale nel quale la narrazione è immersa.

Curiosità: si dice che la prima scelta della produzione per la regia di questo film fosse quella di Fritz Lang, che era però impegnato altrove nel periodo in cui si sarebbe dovuto girare.
Anche se le musiche originali furono composte dall'italiano Giuseppe Becce (il film è ovviamente muto, data l'epoca), esistono varie versioni di musiche successive composte appositamente per questo film; in particolare dal 2006 il duo Enklave Elektronica porta in scena una colonna sonora dal vivo eseguita durante le proiezioni.
Nel film italiano Il secondo tragico Fantozzi, Fantozzi/Villaggio ottiene il suo posto di lavoro producendosi in uno sperticato (ed evidentemente imparato a memoria) elogio di questo film e dell'espressionismo tedesco in generale durante il colloquio di assunzione con un direttore patito di cinema.

Un saluto dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

martedì 13 novembre 2012

Classica

Nel mio notturno aggirarmi oziosamente su YouTube mi sono imbattuto in una cosina simpatica che mi piace condividere con voi. Un po' perché di musica classica tutti noi ne presentiamo troppo poca sulle nostre pagine, un po' perché proprio oggi ricorre l'anniversario della morte di Gioacchino Rossini (Pesaro, 29 Febbraio 1792 – Parigi, 13 Novembre 1868); ma soprattutto per un fatto curioso che accade nel video.
Va in scena un'esecuzione all'aperto dell'overture del Guglielmo Tell di Rossini: proprio nel momento preciso in cui comincia la celebre tempesta rossiniana... sul pubblico comincia a piovere davvero (si sentono distintamente in sottofondo le prime gocce di pioggia sul pianissimo che conclude il primo movimento) e tra gli spettatori è tutto un concitato aprirsi di ombrelli.
Claudio Abbado, che dirige i Berliner Philarmoniker, se ne accorge e gli scappa da ridere...


Buon ascolto e buona visione dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

domenica 11 novembre 2012

A proposito della lingua italiana (VIII)

I precedenti post dedicati ad approfondimenti (più o meno seri) sull'etimologia di termini comunemente usati sono stati particolarmente graditi dai miei lettori; da ciò incoraggiato, vi presento un'altra puntata, con qualche termine malizioso...

Goldone: soprattutto nel nord dell'Italia è un termine volgare che indica il preservativo maschile, o profilattico che dir si voglia; i genovesi invece dicono gondone con la enne al posto della elle, ma i due termini, benché somiglianti, sembrano avere etimologia diversa.
Genova è stata per lungo tempo la città più anglosassone d'Italia, e l'espressione gondone (in dialetto gundùn) deriva probabilmente, per assonanza, dal termine inglese condom.
Più controversa l'origine di goldone: c'è chi dice che i soldati statunitensi abbiano fatta conoscere agli italiani, subito dopo la liberazione, la marca di preservativi Gold One, da cui sarebbe nato il termine; secondo altri, però, tale marca non è mai esistita. Più probabile, quindi, che il termine derivi dal nome del fondatore, negli anni '20, dell'azienda bolognese Hatù, storica e più famosa marca italiana di profilattici, il commendator Franco Goldoni.

Zebedei: in espressioni come non mi rompere gli zebedei, grattarsi gli zebedei ed altre, il termine assume l'ovvio significato di testicoli; ma perché, poi?
Zebedeo è un nome proprio e si riferisce ad un personaggio biblico, padre di due apostoli, Giacomo il maggiore e Giovanni l'evangelista; appare bizzarro che due personaggi considerati santi dal cristianesimo siano diventati icona di un'espressione scurrile, ma una spiegazione c'è: sia nei passi del vangelo che li nominano, sia nelle numerose rappresentazioni pittoriche di Gesù coi dodici apostoli, i fratelli zebedei appaiono quasi sempre in coppia, e generalmente uno alla destra di Gesù e l'altro alla sua sinistra; e notoriamente l'espressione andare sempre in coppia si riferisce anche ai testicoli; inoltre secondo alcuni (secondo altri invece no, ma non sono riuscito a definire univocamente la questione) Giacomo e Giovanni sarebbero stati addirittura gemelli; e un termine derivato dal greco per indicare i gemelli è didimi, che nella lingua italiana – se pur poco usato – è sinonimo di testicoli.
Val la pena ricordare inoltre che un'altra espressione di uso comune è rompere i santissimi; non è escluso che l'origine possa essere la stessa, anche se è ugualmente probabile che possa derivare dal considerare i testicoli l'organo più sacro del corpo maschile.

Grilletto: trasparente l'identificazione del (o della: i linguisti non si sono ancora messi d'accordo se il termine sia di genere maschile o femminile) clitoride femminile col dispositivo di sparo delle armi da fuoco, sia per la forma sia per il sottinteso di qualcosa che si aziona col dito.
Da notare inoltre come da sempre il termine pistola sia considerato come simbolo fallico, tanto che nel dialetto milanese pistola equivale a pirla, ed entrambi significano membro virile, benché siano usati principalmente in senso traslato, come insulto nei confronti di una persona sciocca. Inoltre con pistolino si identifica il pene dei bambini.

Fica: originariamente designava il frutto del fico, secondo la consuetudine che nomina al maschile l'albero e al femminile il frutto dello stesso (pero-pera, arancio-arancia, melo-mela, castagno-castagna); la sua diffusione come termine volgare per rappresentare l'organo genitale femminile ha creato una sorta di tabù linguistico probabilmente unico, sicché il fico è l'unico frutto che mantiene il genere maschile come l'albero relativo.
Nelle lingue – così come nei dialetti italiani – dove il termine scurrile è indicato da una parola diversa, il frutto del fico mantiene però il femminile come tutti gli altri: ad esempio in francese la figue e in genovese a figa non hanno alcun risvolto osceno.
Nonostante il termine sia scurrile è stato più volte usato anche nella letteratura colta: in particolare Dante, nel canto XXV dell'Inferno, rese famoso il gesto di far la fica, ossia chiudere il pugno col pollice che spunta tra indice e medio, in segno di spregio o di insulto, rappresentando così il blasfemo Vanni Fucci:
Al fin de le sue parole il ladro
le mani alzò con ambedue le fiche,
gridando: "Togli, Dio, ch'a te le squadro!"

Un saluto e un sorriso dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

giovedì 8 novembre 2012

Neologismi – A proposito della lingua italiana (VII)

Esistono parole che hanno fatto il loro ingresso nel lessico italiano da pochi decenni, ma che conosciamo e usiamo regolarmente dall'età della ragione con l'inconscia impressione che siano sempre esistite. Ve ne presento alcune in questo intervento.

Cellulare: esiste da tempo come aggettivo, riferito ad ogni cosa che abbia attinenza ad una cella o cellula; così si chiama biologia cellulare quella che studia le cellule viventi e furgone cellulare quello che trasporta i detenuti durante i trasferimenti da una prigione all'altra; in questo caso è spesso usato in forma sostantivata sottintendendo il termine furgone e chiamandolo semplicemente cellulare.
Lo stesso avviene per il telefono cellulare, tanto che negli ultimi decenni il termine cellulare è diventato sinonimo di telefono mobile.
Il nome deriva dal fatto che la copertura del territorio da parte dei segnali radio che permettono il funzionamento dei telefoni è realizzata da una serie di celle adiacenti, ciascuna servita da una stazione ricetrasmittente.


Fantascienza: compie adesso sessant'anni questo vocabolo, coniato da Giorgio Monicelli – fratello maggiore del più famoso regista Mario e nipote dell'editore Arnoldo Mondadori – che fu il primo curatore della collana I romanzi di Urania, il cui primo numero uscì in edicola il 10 Ottobre 1952.
La parola italiana traduce i termini inglesi scientifiction e science-fiction, entrambi coniati negli anni '20 da Hugo Gernsback, fondatore della rivista americana Amazing Stories, comunemente considerata la prima rivista di fantascienza al mondo.
Il termine inventato da Monicelli diventò in breve tempo popolarissimo, soppiantando Scienza Fantastica proposto qualche mese prima da Lionello Torossi, direttore dell'omonima rivista nata nell'Aprile 1952 (che è quindi a tutti gli effetti la prima rivista italiana specializzata nel genere), ma che cessò le pubblicazioni dopo appena un anno.

Robot: anche se molti di ostinano a pronunciarla robò alla francese, questa parola deriva dal termine ceco robota che significa lavoro pesante o anche schiavitù; compare per la prima volta nel romanzo I robot universali di Rossum dello scrittore ceco Karel Čapek, ed è entrata invariata in tutte le lingue europee, diffondendosi in breve grazie anche ai racconti di Isaac Asimov e ai film Metropolis di Fritz Lang e Il pianeta proibito di Fred McLeod Wilcox, in cui compare il simpatico Robby the Robot che negli anni '50 diventerà popolarissimo, tanto che ne verranno prodotti numerosi esemplari giocattolo per i bimbi di tutto il mondo.
Benché i robot di Čapek fossero in realtà uomini artificiali, il termine robot (il sinonimo italiano automa ha avuta scarsa fortuna ed è praticamente in disuso) viene oggi utilizzato per indicare prevalentemente dispositivi meccanici – non necessariamente antropomorfi – in grado di sostituire l'uomo in svariate operazioni; per indicare esseri organici artificiali come quelli di Čapek si ricorre ai termini androide o replicante, quest'ultimo inventato dallo scrittore Philip K. Dick e reso famoso dal film Blade Runner. Più recentemente si è diffuso anche cyborg, che indica un essere parzialmente meccanico e parzialmente organico.

Software: è un evidente prestito dall'inglese questa parola, nata all'incirca durante la seconda guerra mondiale e diffusasi a partire dagli anni '50 di pari passo con la diffusione dell'informatica.
Di per sé non ha nessun significato, ed è un neologismo anche in inglese, foggiato per imitazione del termine hardware, che propriamente significa ferramenta (alla lettera merce dura); per analogia con software (merce tenera) si cominciò ad indicare la parte non solida dell'informatica, cioè la programmazione, designando invece hardware il macchinario connesso ai computer.

Un saluto dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò