Dedicato a Elisa
È stato un post di Elisa (leggerevolare) a proposito di un libro scritto da Francesco Guccini, a convincermi a ripubblicare questo mio post, comparso su Splinder circa quattro anni fa.
Abituati come siamo a convivere con personal computer, connessioni wireless, auricolari bluetooth e altre diavolerie del genere, quasi ci sorprendiamo nel rivedere oggetti che fino a qualche decennio fa erano d'uso comune e che oggi possono sembrare pezzi di antiquariato.
Ve ne presento alcuni che ho avuto modo di vedere in uso nella mia infanzia, sperando di destare un sorriso di nostalgia tra gli amici della mia età, e la curiosità di quelli delle generazioni successive (le foto sono di repertorio, ma ho avuto cura di scegliere gli oggetti più somiglianti a quelli che ho personalmente usato, o visto usare):
Il macinino: ai tempi in cui si era ben lontani dal trovare nei negozi le odierne confezioni ermetiche sottovuoto, il caffè (che si preparava con la classica caffettiera napoletana, prima dell'avvento della rivoluzionaria moka express) si comprava in grani in drogheria e lo si macinava a mano: attività generalmente riservata ai ragazzini i quali, ben felici di rendersi utili, si sedevano in un cantuccio, il macinino stretto tra le ginocchia, e giravano compunti la manovella, aspirando voluttuosamente l'aroma sprigionato dai chicchi di caffè...
Ve ne presento alcuni che ho avuto modo di vedere in uso nella mia infanzia, sperando di destare un sorriso di nostalgia tra gli amici della mia età, e la curiosità di quelli delle generazioni successive (le foto sono di repertorio, ma ho avuto cura di scegliere gli oggetti più somiglianti a quelli che ho personalmente usato, o visto usare):
Il macinino: ai tempi in cui si era ben lontani dal trovare nei negozi le odierne confezioni ermetiche sottovuoto, il caffè (che si preparava con la classica caffettiera napoletana, prima dell'avvento della rivoluzionaria moka express) si comprava in grani in drogheria e lo si macinava a mano: attività generalmente riservata ai ragazzini i quali, ben felici di rendersi utili, si sedevano in un cantuccio, il macinino stretto tra le ginocchia, e giravano compunti la manovella, aspirando voluttuosamente l'aroma sprigionato dai chicchi di caffè...
Il tosta-caffè: la massiccia emigrazione verso il nuovo continente, avvenuta nel periodo tra le due guerre, ha fatto sì che quasi tutte le famiglie avessero qualche parente americano (i miei erano per lo più in Argentina e in California), che spesso portava o inviava in Italia sacchetti di caffè grezzo, che veniva tostato in casa, con l'uso di un cilindro posto su un supporto ed esposto alla fiamma della carbonella accesa (ma anche, con un supporto semplificato, delle prime cucine a gas). Ne esisteva anche un tipo verticale (una sorta di padella chiusa con una maniglia per agitare il caffè all'interno), al quale si riferisce l'immagine qui accanto.
La bombilla: un altro prodotto esotico che i parenti sudamericani ci fecero conoscere e apprezzare fu il mate (yerba mate in spagnolo), un infuso simile al the che si prepara in un contenitore fatto con una piccola zucca svuotata e si beve con la bombilla, una cannuccia metallica che porta all'estremità un filtro bucherellato per evitare di aspirare, assieme alla bevanda, le foglioline. Sono famose alcune foto di Ernesto Che Guevara che sorbisce il mate con la bombilla nelle foreste boliviane, durante le pause della sua attività di guerrigliero...
L'arcolaio (o dipanatoio): le nostre madri e le nostre nonne erano in genere abilissime nel lavorare a maglia, e confezionavano in continuazione maglioni e sciarpe per tutta la famiglia: la lana, comprata in matasse, doveva essere dipanata e riavvolta in forma di gomitolo per la successiva lavorazione.
La più rudimentale forma di dipanatore erano... i polsi delle mani!
Generalmente, al solito, era un bambino a tener tesa tra le braccia la matassa, mentre la madre avvolgeva rapidamente il gomitolo... Ma di gran lunga più comodo era l'uso di un arcolaio a pantografo, solitamente in legno, che sorreggeva la matassa durante lo svolgimento.
La più rudimentale forma di dipanatore erano... i polsi delle mani!
Generalmente, al solito, era un bambino a tener tesa tra le braccia la matassa, mentre la madre avvolgeva rapidamente il gomitolo... Ma di gran lunga più comodo era l'uso di un arcolaio a pantografo, solitamente in legno, che sorreggeva la matassa durante lo svolgimento.
Lo scaldaletto: nelle case di un tempo, dove l'unica stanza riscaldata (dal camino o dalla stufa a legna) era la cucina, infilarsi in un letto gelido era un'esperienza – è il caso di dirlo! – da brivido. I più antichi scaldaletti erano piccoli bracieri chiusi dove si metteva carbonella, o sansa d'olive accesa, e che popolarmente erano chiamati preti; quelli che ho avuto modo di provare nell'infanzia erano bottiglie di rame con un tappo a vite, che si riempivano d'acqua bollente, si avvolgevano in un panno e s'infilavano tra le lenzuola per scaldarsi almeno i piedi...
Il lume a petrolio e la lampada ad acetilene: in molti paesi di montagna, abitati fino agli anni sessanta, la corrente elettrica non è mai giunta. Per farsi luce di notte si usavano i lumi a petrolio o le più efficienti lampade ad acetilene: si comprava in drogheria il carburo di calcio, un minerale biancastro dall'odore acre che a contatto con l'acqua sprigiona acetilene, un gas combustibile che brucia con una fiamma bianca e luminosissima; il carburo va posto nel recipiente inferiore, mentre quello superiore, avvitato su di esso, è riempito d'acqua, che tramite una valvola a spillo, comandata da un regolatore a vite, vien fatta gocciolare sul carburo; l'acetilene che si forma fuoriesce tramite un tubicino che termina in un ugello calibrato, e si accende con un fiammifero; l'intensità della fiamma viene regolata dall'apertura della valvolina, e ovviamente la lampada si spegne serrando a fondo il regolatore.
Il mortaio: questo è un attrezzo che molti amatori della gastronomia tradizionale usano ancora... In Liguria era d'obbligo per la preparazione del pesto: le foglioline di basilico erano poste nel mortaio di marmo con aglio e sale grosso, e laboriosamente frantumate col pestello di legno... ma oggi è per lo più un pezzo d'arredamento, che molti usano come soprammobile o portafiori... e il pesto lo si fa nel frullatore elettrico...
L'incudine da calzolaio: prima di buttare le scarpe, nelle frugali famiglie di un tempo, le si risuolavano più volte, sicché tra gli attrezzi di casa trovava normalmente posto anche un piccolo corredo da calzolaio: lesina, martello, chiodi e bullette, fogli di cuoio, incudine... quella che ricordo di aver visto usare a mio padre era simile a questa...
Il ferro da stiro: i modelli più arcaici avevano un contenitore dove si metteva brace di carbone accesa, e non ricordo di averli mai visti usare da nessun parente... mentre erano ancora in uso quelli di ghisa massiccia da scaldare sulla stufa: si usavano normalmente in coppia, o a gruppi di tre; il più caldo lo si usava per stirare mentre gli altri stavano posati sulla stufa accesa; quando il calore scemava lo si sostituiva con uno più caldo e così via, a rotazione...
Il pitale: eh, sì, c'era anche questo nelle gelide case di una volta, dove di solito le latrine erano all'esterno dell'abitazione, in un angolo del cortile o di un terrazzino... e andare a far pipì in pieno inverno poteva significare dover spalare la neve per un tratto di qualche metro... cosicché tutti custodivano il proprio vasino da notte sotto il letto...
Al giorno d'oggi in casa si trovano solo i vasini in plastica dei bimbi... e quello del nonno magari su un davanzale, ridotto a vaso da fiori...
Un saluto e un sorriso dal vostro
Al giorno d'oggi in casa si trovano solo i vasini in plastica dei bimbi... e quello del nonno magari su un davanzale, ridotto a vaso da fiori...
Un saluto e un sorriso dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò
Il macinino ce l'ho ancora e ora fa da soprammobile nella credenza ma, udite, udite, in questi giorni di super-pulizie, quando i lavori dei muratori in casa mi stanno obbligando a far pulizia nei più reconditi anditi, ho trovato, in fondo ad un vecchio mobile, il ferro da stiro e lo scaldaletto, uguali a quelli delle tue fotografie! Chissà, probabilmente li usavano mia nonna o addirittura la bisnonna, visto che la mia casa è stata costruita dai bisnonni e tramandata attraverso varie generazioni.
RispondiEliminaHai visto che non tutti i mali vengono per nuocere... Avrai pur avuto un po' di disagio, ma vuoi mettere lo scoprire vecchi tesori di famiglia!!! he he ... scherzo
EliminaQuesta nota di Katherine mi ha fatto tornare in mente un altro fatto... Nel '70 ci fu l'alluvione di Genova, e tutti noi studenti ci prodigammo per liberare la città dal fango; un giorno, passando per Piazza della Vittoria coi nostri attrezzi in spalla, fummo chiamati da una vecchietta che ci chiese gentilmente di sgombrarle la cantina...
EliminaCi rendemmo conto in quell'occasione che ormai la gente se ne approfittava e che da volontari del soccorso stavamo diventando un'impresa di pulizie (non retribuita!), e smettemmo.
Ma nel liberare la famosa cantina ritrovai in mezzo al fango un grosso mortaio di marmo e il relativo pestello di legno, incrostati di mota e quasi irriconoscibili; la signora non li volle, così li avvolsi in un foglio di giornale e li portai a mia madre, che li lavò accuratamente; erano in perfetto stato, un po' consunti dall'età ma senza una scalfittura; mia madre continuò a farci il pesto per anni...
A parte lo scaldaletto e la bombilla, ma il resto sono tutti strumenti della mia infanzia.
RispondiEliminaAnch'io ho lo stesso macinino, mia zia (che era più ricca di noi) aveva il tosta caffé che hai postato, invece a casa mia la nonna, che aveva il culto del caffé ed acquistava una scorta in chicchi verdi a Trieste, quando veniva un ospite di riguardo tostava in una padella semplice la dose ed appena freddi ne macinava i chicchi ed offriva un ottimo infuso, tanto che era stimata per il suo caffé da tutto il vicinato!
Il ferro da stiro anche l'ho visto usare dalla bisnonna, da nonna e anche da mia madre: solo, quando si mise a far la sarta, mamma comprò uno dei ferri pesantissimi di mestiere, che periodicamente papà apriva e ne sostituiva la guarnizione protetta da caolino, quando questo si bruciava per troppo calore.
Il nonno suolava le scarpe con la stessa incudine da calzolaio.
Di pitali ho ancora uno di ceramica pesantissima della bisnonna, perché gli altri di plastica sostituirono quelli di latta che si sbrecciavano e sono stati gettati via dopo l'uso ambedue.
Vedo che abbiamo ricordi simili... La bombilla la conosce solo chi ha avuti parenti emigrati in sudamerica, e nell'entroterra ligure di quei tempi li avevamo un po' tutti.
EliminaI primi pesantissimi ferri elettrici che dici tu li ho smontati anch'io più volte, da ragazzo, per sostituire la resistenza (più spesso che non la guarnizione)o il cordone sfilacciato.
P.S. ho visto le tue foto a Trieste !!! la mia città!
RispondiEliminaA Trieste vive mia figlia, e ogni tanto la vado a trovare. Approfondirò quando passo da te.
EliminaMolto interessante Cosimo, come sempre. Tra tutti gli attrezzi citati io ricordo solo il macinino da caffè. Forse era già un pezzo preistorico che ci divertivamo ad usare in casa. Ricordo anche il ferro da stiro scaldato che usava mia nonna paterna... ma ero troppo piccola e ne ho solo un vago ricordo.
RispondiEliminaPerò sai che ti dico. Un macinino da caffè me lo comprerei, proprio adesso. Sentire l'odore del caffè appena macinato non ha eguali, è come quando raccolgo i pomodori direttamente dalla pianta nell'orto di mio padre...
Di gran lunga più preistorico il ferro da stiro scaldato sulla stufa che non il macinino, Elisa. A fine anni '60 l'elettricità (e anche il riscaldamento domestico) erano presenti in tutte le case, la stufa a legna non l'aveva più nessuno, se non in qualche sperduto paese di montagna; invece molti continuavano a fare il caffè nella napoletana, comprandolo in grani e macinandolo in casa (molti già col macinino elettrico del frullatore, in verità).
EliminaA me piace il caffè espresso, così appena ho potuto (da una trentina d'anni ormai) ho comprata la macchinetta, e ottenere la macinatura giusta per l'espresso col macinino a mano è praticamente impossibile; però di macinini ne conservo più d'uno, ridotti a soprammobili su vari scaffali e mensole della casa.
Ne ricordo alcuni:
RispondiEliminail macinino da caffè, il tosta caffè, l'arcolaio, ovviamente il mortaio ed ho un ferro da stiro che uso come soprammobile! Ciao!!!!
Ciao a te, carissima! :-)))
Elimina@ tutti: mi piace moltissimo questo modo di disporre i commenti di Blogspot, che consente dialoghi anche tra gli ospiti in un blog altrui (cfr. il botta e risposta di katherine e leggevolare, sopra); su Splinder fare una cosa del genere era laboriosissimo, specie se i commenti in un post erano numerosi, toccava scorrere su e giù la lista per capire...
RispondiEliminaC'è da dire che rispondendo a tutti uno per uno la lista dei commenti quasi raddoppia... ma almeno è chiara e facile da scorrere!
Quel ferro da stiro è un tuffo diretto nella mia infanzia, più di tutte le altre cose! Spero che da qualche parte ci sia ancora e che non sia stato buttato in un raptus veteroclasta! redcats
RispondiEliminaCome ho detto ad Elisa continua a sembrarmi strano, Redcats. Per me il ferro da stiro da stufa è uno dei ricordi più remoti, ricordo d'averlo visto usare a qualche zia in campagna (così come il lume a petrolio), dove non c'era ancora la luce elettrica.
EliminaMa in città c'era, mia madre usava già il ferro elettrico quando sono nato io (quello all'antica di cui parlo sopra con Renata); il riscaldamento domestico è arrivato molto dopo, le nostre madri e le nostre nonne hanno continuato a lavorare a maglia per molto tempo, così come a macinare il caffè a mano... sicché avevo idea che, anche per persone più giovani di me, lo scaldaletto, l'arcolaio e il macinino fossero ricordi più presenti che non il ferro da stiro... e il mortaio, poi, qualcuno lo adopera ancora oggi!
P.S. veteroclasta è strepitoso! l'hai inventato tu? Credo di sì, nei dizionari non lo trovo; bel neologismo, complimenti! credo che lo adotterò...
a me piace blogspot, molto duttile e facile da gestire.
EliminaAnche a me, Renata, di primo acchito mi sembrava peggio...
EliminaCerto difetti ne ha: il form dei commenti è rudimentale (ci vorrebbe un editor o almeno la possibilità di compilarlo in HTML in modo completo, invece - a quanto ho potuto vedere - non lascia inserire né immagini né video); non è possibile tener traccia dei propri commenti; e così via...
Ma insomma non lamentiamoci troppo, va'...
Nella casa di campagna che fu di mia madre, e che precedentemente fu di mia zia, si trovano ancora oggetti come questi: macinini, ferri da stiro e perfino scaldaletti; ci giocavamo, da bimbe, a far le "signore"! Un dolce ricordo, senza dubbio. :)
RispondiEliminaUn saluto, carissimo, a presto.
Ciao, Linda! Felice di risentirti.
EliminaA quando un nuovo post anche sul tuo blog?
Non so, Cosimo, in questi gorni non ho la testa per condurre seriamente il blog, ma spero di tornar presto a scrivere.
EliminaUn abbraccio.
Mi spiace, Linda, ma ti capisco benissimo, anche a me è accaduto spesso...
EliminaUn proverbio cinese dice "Se devi parlare, fa' che le tue parole siano migliori del silenzio", e ho visto che anche tu, come me, preferisci il silenzio a un post buttato lì...
Scusami per averti fatta fretta; ti aspetto con pazienza.
Abbraccio ricambiato...
Ciao e sopratutto grazie di esserti 'materializzato'.
RispondiEliminaPurtroppo la mia è sempre stata una famiglia cittadina e con la guerra e la prigionia di mio nonno le tenute nell'astigiano furono svendute per campare da mia nonna e dunque io non ho ricordo di questi strumenti che hai elencato - già spariti dalle città - se non per il lumetto a petrolio che mi riporta alle mie primissime vacanze in tenda e il mortatio (in legno) che uso tutt'ora. Forse sopravviveva ancora il macina caffè... eppure non sono giovanissima :(
sherazadeconuninchino
http://sherazade2011.wordpress.com/
Grazie a te per essere tornata a trovarmi, Shera...
EliminaPiù giovane di me lo sei di sicuro, ma - come dico in commenti precedenti - gli anni '50/60 sono stati uno spartiacque generazionale senza precedenti; e l'aver vissuto sempre in città ha il suo peso, in effetti; se non avessi avuti parenti campagnoli certe cose non le conoscerei neppure io, se non per sentito dire...
Io ho un macinino, un mortaio di legno, il passa farina di legno, un otre di coccio per l'olio con su il numero 30 (indicava la misura)...tutto della mia nonna, il che vuol dire che hanno circa 80 anni.
RispondiEliminaSì, anche se alcuni di quegli oggetti si sono usati fino ad epoche più recenti; il setaccio (suppongo sia quello il passa farina in legno) si usa ancora oggi; mi sembra di averne visti in vendita identici a quelli del passato, anche se alcuni odierni hanno la fascia in plastica anziché in legno.
EliminaQuello che tu chiami otre è probabilmente un orcio o una giara: l'otre è sì un recipente per i liquidi, ma è fatto di pelle e non di terracotta; è la somiglianza tra i termini otre e orcio che ha portato a confonderli nel parlare comune, ma a rigore sono due cose diverse.
Le grosse e panciute giare le ho viste usare anch'io, sia in frantoi artigianali (quelli industriali usano da tempo contenitori in acciaio inossidabile), sia – una volta vecchie e un po' sbrecciate – riciclate nei campi come contenitori del letame di latrina che si usava per concimare gli orti...
... uno di questi oggetti sto meditando di comperarlo. magari da un rigattiere. troppo utile !
RispondiEliminaE quale? Non l'ultimo, spero! (scusa, battutaccia!) :-D
EliminaCiao! Da noi, ieri è passato il treno a vapore!
RispondiEliminasalve a tutti, anche io ho un macinino e il ferro per le scarpe e penso altre cose antiche di mio suocero. Ma tutte queste cose hanno un prezzo? anche se sono affettive?
RispondiEliminaho anche dei dischi in vimini 45 giri tutto ciò x voi hanno un prezzo?
RispondiEliminaCosimo, dove sei?
RispondiElimina