Intestazione



Le mie citazioni preferite

C'è gente che possiede una biblioteca come un eunuco un harem (Victor Hugo)
Il mediocre imita, il genio ruba (Oscar Wilde)
Amicus Plato, sed magis amica veritas – Mi è amico Platone, ma ancora più amica la verità (Aristotele)
Se devi parlare, fa' che le tue parole siano migliori del silenzio (Antico detto cinese)
Contro la stupidità neppure gli dei possono nulla (Friedrich Schiller)
Disapprovo le tue opinioni, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di esprimerle (Voltaire)
Lo stolto ha solo certezze; il sapiente non ha che dubbi (Socrate)
Sognatore è un uomo con i piedi fortemente appoggiati sulle nuvole (Ennio Flaiano)

martedì 13 novembre 2012

Classica

Nel mio notturno aggirarmi oziosamente su YouTube mi sono imbattuto in una cosina simpatica che mi piace condividere con voi. Un po' perché di musica classica tutti noi ne presentiamo troppo poca sulle nostre pagine, un po' perché proprio oggi ricorre l'anniversario della morte di Gioacchino Rossini (Pesaro, 29 Febbraio 1792 – Parigi, 13 Novembre 1868); ma soprattutto per un fatto curioso che accade nel video.
Va in scena un'esecuzione all'aperto dell'overture del Guglielmo Tell di Rossini: proprio nel momento preciso in cui comincia la celebre tempesta rossiniana... sul pubblico comincia a piovere davvero (si sentono distintamente in sottofondo le prime gocce di pioggia sul pianissimo che conclude il primo movimento) e tra gli spettatori è tutto un concitato aprirsi di ombrelli.
Claudio Abbado, che dirige i Berliner Philarmoniker, se ne accorge e gli scappa da ridere...


Buon ascolto e buona visione dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

domenica 11 novembre 2012

A proposito della lingua italiana (VIII)

I precedenti post dedicati ad approfondimenti (più o meno seri) sull'etimologia di termini comunemente usati sono stati particolarmente graditi dai miei lettori; da ciò incoraggiato, vi presento un'altra puntata, con qualche termine malizioso...

Goldone: soprattutto nel nord dell'Italia è un termine volgare che indica il preservativo maschile, o profilattico che dir si voglia; i genovesi invece dicono gondone con la enne al posto della elle, ma i due termini, benché somiglianti, sembrano avere etimologia diversa.
Genova è stata per lungo tempo la città più anglosassone d'Italia, e l'espressione gondone (in dialetto gundùn) deriva probabilmente, per assonanza, dal termine inglese condom.
Più controversa l'origine di goldone: c'è chi dice che i soldati statunitensi abbiano fatta conoscere agli italiani, subito dopo la liberazione, la marca di preservativi Gold One, da cui sarebbe nato il termine; secondo altri, però, tale marca non è mai esistita. Più probabile, quindi, che il termine derivi dal nome del fondatore, negli anni '20, dell'azienda bolognese Hatù, storica e più famosa marca italiana di profilattici, il commendator Franco Goldoni.

Zebedei: in espressioni come non mi rompere gli zebedei, grattarsi gli zebedei ed altre, il termine assume l'ovvio significato di testicoli; ma perché, poi?
Zebedeo è un nome proprio e si riferisce ad un personaggio biblico, padre di due apostoli, Giacomo il maggiore e Giovanni l'evangelista; appare bizzarro che due personaggi considerati santi dal cristianesimo siano diventati icona di un'espressione scurrile, ma una spiegazione c'è: sia nei passi del vangelo che li nominano, sia nelle numerose rappresentazioni pittoriche di Gesù coi dodici apostoli, i fratelli zebedei appaiono quasi sempre in coppia, e generalmente uno alla destra di Gesù e l'altro alla sua sinistra; e notoriamente l'espressione andare sempre in coppia si riferisce anche ai testicoli; inoltre secondo alcuni (secondo altri invece no, ma non sono riuscito a definire univocamente la questione) Giacomo e Giovanni sarebbero stati addirittura gemelli; e un termine derivato dal greco per indicare i gemelli è didimi, che nella lingua italiana – se pur poco usato – è sinonimo di testicoli.
Val la pena ricordare inoltre che un'altra espressione di uso comune è rompere i santissimi; non è escluso che l'origine possa essere la stessa, anche se è ugualmente probabile che possa derivare dal considerare i testicoli l'organo più sacro del corpo maschile.

Grilletto: trasparente l'identificazione del (o della: i linguisti non si sono ancora messi d'accordo se il termine sia di genere maschile o femminile) clitoride femminile col dispositivo di sparo delle armi da fuoco, sia per la forma sia per il sottinteso di qualcosa che si aziona col dito.
Da notare inoltre come da sempre il termine pistola sia considerato come simbolo fallico, tanto che nel dialetto milanese pistola equivale a pirla, ed entrambi significano membro virile, benché siano usati principalmente in senso traslato, come insulto nei confronti di una persona sciocca. Inoltre con pistolino si identifica il pene dei bambini.

Fica: originariamente designava il frutto del fico, secondo la consuetudine che nomina al maschile l'albero e al femminile il frutto dello stesso (pero-pera, arancio-arancia, melo-mela, castagno-castagna); la sua diffusione come termine volgare per rappresentare l'organo genitale femminile ha creato una sorta di tabù linguistico probabilmente unico, sicché il fico è l'unico frutto che mantiene il genere maschile come l'albero relativo.
Nelle lingue – così come nei dialetti italiani – dove il termine scurrile è indicato da una parola diversa, il frutto del fico mantiene però il femminile come tutti gli altri: ad esempio in francese la figue e in genovese a figa non hanno alcun risvolto osceno.
Nonostante il termine sia scurrile è stato più volte usato anche nella letteratura colta: in particolare Dante, nel canto XXV dell'Inferno, rese famoso il gesto di far la fica, ossia chiudere il pugno col pollice che spunta tra indice e medio, in segno di spregio o di insulto, rappresentando così il blasfemo Vanni Fucci:
Al fin de le sue parole il ladro
le mani alzò con ambedue le fiche,
gridando: "Togli, Dio, ch'a te le squadro!"

Un saluto e un sorriso dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

giovedì 8 novembre 2012

Neologismi – A proposito della lingua italiana (VII)

Esistono parole che hanno fatto il loro ingresso nel lessico italiano da pochi decenni, ma che conosciamo e usiamo regolarmente dall'età della ragione con l'inconscia impressione che siano sempre esistite. Ve ne presento alcune in questo intervento.

Cellulare: esiste da tempo come aggettivo, riferito ad ogni cosa che abbia attinenza ad una cella o cellula; così si chiama biologia cellulare quella che studia le cellule viventi e furgone cellulare quello che trasporta i detenuti durante i trasferimenti da una prigione all'altra; in questo caso è spesso usato in forma sostantivata sottintendendo il termine furgone e chiamandolo semplicemente cellulare.
Lo stesso avviene per il telefono cellulare, tanto che negli ultimi decenni il termine cellulare è diventato sinonimo di telefono mobile.
Il nome deriva dal fatto che la copertura del territorio da parte dei segnali radio che permettono il funzionamento dei telefoni è realizzata da una serie di celle adiacenti, ciascuna servita da una stazione ricetrasmittente.


Fantascienza: compie adesso sessant'anni questo vocabolo, coniato da Giorgio Monicelli – fratello maggiore del più famoso regista Mario e nipote dell'editore Arnoldo Mondadori – che fu il primo curatore della collana I romanzi di Urania, il cui primo numero uscì in edicola il 10 Ottobre 1952.
La parola italiana traduce i termini inglesi scientifiction e science-fiction, entrambi coniati negli anni '20 da Hugo Gernsback, fondatore della rivista americana Amazing Stories, comunemente considerata la prima rivista di fantascienza al mondo.
Il termine inventato da Monicelli diventò in breve tempo popolarissimo, soppiantando Scienza Fantastica proposto qualche mese prima da Lionello Torossi, direttore dell'omonima rivista nata nell'Aprile 1952 (che è quindi a tutti gli effetti la prima rivista italiana specializzata nel genere), ma che cessò le pubblicazioni dopo appena un anno.

Robot: anche se molti di ostinano a pronunciarla robò alla francese, questa parola deriva dal termine ceco robota che significa lavoro pesante o anche schiavitù; compare per la prima volta nel romanzo I robot universali di Rossum dello scrittore ceco Karel Čapek, ed è entrata invariata in tutte le lingue europee, diffondendosi in breve grazie anche ai racconti di Isaac Asimov e ai film Metropolis di Fritz Lang e Il pianeta proibito di Fred McLeod Wilcox, in cui compare il simpatico Robby the Robot che negli anni '50 diventerà popolarissimo, tanto che ne verranno prodotti numerosi esemplari giocattolo per i bimbi di tutto il mondo.
Benché i robot di Čapek fossero in realtà uomini artificiali, il termine robot (il sinonimo italiano automa ha avuta scarsa fortuna ed è praticamente in disuso) viene oggi utilizzato per indicare prevalentemente dispositivi meccanici – non necessariamente antropomorfi – in grado di sostituire l'uomo in svariate operazioni; per indicare esseri organici artificiali come quelli di Čapek si ricorre ai termini androide o replicante, quest'ultimo inventato dallo scrittore Philip K. Dick e reso famoso dal film Blade Runner. Più recentemente si è diffuso anche cyborg, che indica un essere parzialmente meccanico e parzialmente organico.

Software: è un evidente prestito dall'inglese questa parola, nata all'incirca durante la seconda guerra mondiale e diffusasi a partire dagli anni '50 di pari passo con la diffusione dell'informatica.
Di per sé non ha nessun significato, ed è un neologismo anche in inglese, foggiato per imitazione del termine hardware, che propriamente significa ferramenta (alla lettera merce dura); per analogia con software (merce tenera) si cominciò ad indicare la parte non solida dell'informatica, cioè la programmazione, designando invece hardware il macchinario connesso ai computer.

Un saluto dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

mercoledì 24 ottobre 2012

Scherzi di ... Lingua

(Nota a margine: prosegue la serie di post duplicati dal mio vecchio blog a causa della sparizione dei testi originari. Chi avesse già letto e si ricordasse porti pazienza... e complimenti alla memoria! visto che son passati più di cinque anni).

DIZIONARIO FELINO   
or: what about four-letter words?

Disegno di Giampaolo Zecca per "Pick Wick"
Sembra ieri, ma sono passati anni da quando Cesare Zavattini esclamò per la prima volta: – Cazzo! – durante una trasmissione radiofonica, facendo scatenare torme di sociologi alla ricerca di – vere o presunte – funzioni liberatorie e iconoclaste del turpiloquio. E sembra ieri quando i liceali, alle prese coi primi rudimenti di trigonometria, sogghignavano sentendo parlare di seno dell’angolo. E che risate sotto i baffi! quando leggendo nell’Iliade della lite tra Achille ed Agamennone si arriva al punto in cui la mano del pelìde corre alla spada e dalla gran vagina/traendo la venia… Nessuno, ovviamente, sospetta che il Monti, gran traduttor de’ traduttor d’Omero, avesse in mente alcun doppio senso nell’uso del vocabolo vagina, inteso qui nel senso letterale di guaina, custodia; ma i ragazzi d’allora il doppio senso lo vedevano, eccome!
Oggi che in ogni dialogo circolano con indifferenza attributi sessuali di ogni genere esposti con pervicace nonchalanche, potrebbe apparire fuori luogo e un po’ démodé una riflessione sul turpiloquio e sui suoi termini peculiari, quelli che gli anglosassoni chiamano four-letter words, poiché in lingua inglese la maggior parte delle cosiddette parolaccefuck, cock, shit e così via – sono per l’appunto di quattro lettere. Da noi li chiamavano – e non so se fosse un uso regionale ligure o se fosse diffuso anche altrove; voi ve lo ricordate? – paroline del gatto, e mi son sempre chiesto per quale strano motivo i nostri felini domestici fossero additati come emblema del turpiloquio.
Ad ogni buon conto – e visti i tempi – vi propongo qui di seguito un piccolo glossario di parolacce rivisitate: chissà che, in quest’epoca di linguaggio libero e pittoresco, adottare qualcuno di questi elaborati eufemismi non possa avere lo stesso effetto di rottura dell’esclamazione zavattiniana di venti e più anni fa.

allogamo: da allós, altro, e gámos, nozze, questo termine potrebbe utilmente sostituire gli abusati gay, omosessuale, ed altri meno eleganti. Ovviamente utilizzabile anche il femminile allogama e il sostantivo allogamìa.
 
callipigia: già appellativo di Venere (lett. dalle belle natiche) si raccomanda, nel riferirsi alle grazie di una signora dalle forme opulente, in luogo del poco elegante culona.

crisobalano: termine attestato in italiano per indicare un arboscello dell’America latina. Dal greco chrysobalanos, ghianda d’oro, potrebbe essere utilizzato per designare quei maschi superdotati e dall’infaticabile attività sessuale.

fallocefalo: da phallós, membro virile, e kephalê, testa; già proposto in sede parlamentare negli anni sessanta da qualche onorevole buontempone in luogo del comune testa di c… non ha tuttavia trovato degna accoglienza. Appare peraltro vocabolo perfettamente congruo e ben formato.

falloforo: da phallós, come sopra, e phorein, portare in giro. Riproduce il significato scurrile che ha assunto il verbo italiano menare (originariamente sinonimo di portare). Utilizzabile anche il derivato falloforìa nel senso di menata. Da notare tuttavia che questi due termini sono già attestati nella lingua italiana, se pure con significato diverso, e cioè, rispettivamente: sacerdote del dio Priapo e processione in onore di Priapo.

gluteocapienza: dal verbo latino capere, prendere, afferrare, deriva questo sostantivo che designa l’azione di prendere per i fondelli il prossimo. Il vocabolo appare di uso piuttosto scomodo: che gluteocapienza! suona infatti più artificioso dell’originale che presa per il c…! Anche la variante gluteocaptazione, proponibile in sostituzione, non apporta sostanziali benefici.

mentulopensile: dal latino popolare mentula (di evidente significato, vista la diretta derivazione del siciliano minchia), potrebbe designare tutte quelle cose che si è usi invitare il prossimo ad attaccarsi, per l’appunto, al membro. Già adottato da Umberto Eco (che nel suo Secondo diario minimo propone come materia d’insegnamento una Fisica delle soluzioni mentulopensili) appare tuttavia d’uso poco pratico, soprattutto per la difficoltà di derivarne un verbo (ma mentulopenditelo! suona infatti decisamente peggio che non ma attàccatelo al…).

orchioclasta: da orchis, testicolo, e klásis, rottura, appare come un perfetto – ed elegante – equivalente di rompiballe. Anche il derivato orchioclastìa è perfettamente congruo: esclamare uh, che orchioclastìa! invece di uh, che rompimento! è senza dubbio da raccomandare anche al più pignolo dei puristi.

scatomittenza: dal greco skatós, escremento, indica l’azione di mettere nella m… qualcuno. Accettabili – per non dire raccomandabili – tutti i derivati: la forma verbale scatomettere, e i sostantivi scatomittente (chi compie l’azione) e scatomesso (chi la subisce).

scatomorfo: da skatós, come sopra, e morphé, forma, può utilmente sostituire uno dei più comuni insulti della lingua italiana. Analogamente utilizzabile il derivato scatomorfìa (ve lo immaginate Fantozzi/Villaggio esclamare: – La Corazzata Potemkin è una scatomorfìa pazzesca! – ?).

sodomotecnica: termine dal significato trasparente, designa ovviamente l’arte di metterlo in quel posto a qualcuno. Utilizzabile ad libitum in senso proprio o traslato senza particolari controindicazioni. Raccomandabile anche il derivato sodomotecnico per indicare chi quell’arte mette in pratica continuamente (il volgarmente detto mettìnculo).

Un saluto e un sorriso dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

giovedì 11 ottobre 2012

Cineforum – Piccoli e grandi film d'ogni tempo (VII)


Omicidio a luci rosse (Body Double, USA, 1984, col, 114 min)

Regia: Brian De Palma

Interpreti: Craig Wesson, Melanie Griffith, Deborah Shelton, Gregg Henry, Guy Boyd

Soggetto: Brian De Palma

Sceneggiatura: Brian De Palma, Robert J. Avrech

Fotografia: Stephen H. Burum

Genere: thriller

Musiche: Pino Donaggio



La trama: Jake Scully (Wesson), mediocre e sfortunato attore di film porno-horror a basso costo, si ritrova licenziato in tronco per aver rovinata una sequenza facendosi venire un attacco di claustrofobia nell’interpretare un vampiro chiuso nella bara; al ritorno a casa, trova la fidanzata a letto con un altro uomo...
Sull’orlo della disperazione, il povero Jake trova conforto in Sam Bouchard (Henry), un collega attore, conosciuto poco prima a un corso di recitazione, che gli procura un alloggio nella lussuosa casa di un conoscente – a suo dire – da dove Jake si diverte a spiare, con un telescopio, l’affascinante vicina di casa Gloria (Shelton) che ogni sera si esibisce, per proprio diletto, in un sensuale spogliarello, finendo con l’invaghirsene e col cercare in tutti i modi di conoscerla di persona.
La tragedia irrompe quando Scully assiste, in diretta e senza poterlo impedire, all’omicidio di Gloria, massacrata da uno sconosciuto con un trapano elettrico; sospettato dall’investigatore McLean (Boyd) e sconvolto per l’assassinio di Gloria, Jake riceve un altro colpo quando s’imbatte per caso, guardando un programma televisivo, nel trailer di un film a luci rosse dove la celebre pornostar Holly Body (Griffith) esegue uno spogliarello identico a quello di Gloria. Fingendosi un produttore di film porno, Jake contatta Holly, deciso a chiarire quella che non gli sembra una coincidenza. Ma gli eventi ben presto precipitano... Finale, ovviamente, a sorpresa.

Il commento: Uno dei gialli più controversi nella storia del cinema: denigrato all’uscita dalla critica statunitense, che arrivò al punto di conferire a De Palma il premio Razzie Award per il peggior regista dell’anno, fu invece accolto con entusiasmo dai commentatori nostrani, a partire da Paolo Mereghetti che gli assegna tre stelle e mezza (quasi il massimo), mentre Morando Morandini e Pino Farinotti si limitano a tre (valutazione comunque molto alta).
E in effetti da un lato il film appare come un coacervo di citazioni hitchcockiane buttate giù col mastello (da La donna che visse due volte e La finestra sul cortile le principali e immediate, ma si ritrovano tracce più sfumate anche di altri film, come Psycho o Intrigo internazionale); ma dall’altro la pellicola possiede una suggestione particolare e inquietante, ottenuta con mezzi registici raffinatissimi; le serate in cui Jake, nella solitudine dell’avveniristica casa di vetro, spia lo spogliarello di Gloria accompagnato dall’ipnotica colonna sonora di Pino Donaggio, il lungo pedinamento multiplo nei meandri del centro commerciale, sono sequenze che non si dimenticano.
Craig Wesson, nei panni di uno spaesato (e sfigato) attore, fa tenerezza dall’inizio alla fine, e Melanie Griffith è strepitosa nei panni della pornostar, mentre Guy Boyd fa il verso ai tanti investigatori di cui la storia del cinema giallo è cosparsa.

Curiosità: I componenti del complesso rock Frankie goes to Hollywood, all’epoca famosissimo, compaiono nelle vesti di loro stessi come partecipanti a un film porno (dove Jake fa la conoscenza di Holly).
La casa a forma di disco volante dove Sam ospita Jake è la celebre Malin House, detta anche Cemosphere, costruita a Los Angeles nel 1960 dall’architetto John Lautner.
L’omicidio col trapano elettrico è stato ripreso dal regista italiano Carlo Vanzina nel film Sotto il vestito niente, girato l’anno successivo; era però già stato adottato in un altro film italiano, Sette orchidee macchiate di rosso, girato nel 1971 da Umberto Lenzi.

Un saluto dal vostro
Cosimo PIovasco di Rondò