Intestazione



Le mie citazioni preferite

C'è gente che possiede una biblioteca come un eunuco un harem (Victor Hugo)
Il mediocre imita, il genio ruba (Oscar Wilde)
Amicus Plato, sed magis amica veritas – Mi è amico Platone, ma ancora più amica la verità (Aristotele)
Se devi parlare, fa' che le tue parole siano migliori del silenzio (Antico detto cinese)
Contro la stupidità neppure gli dei possono nulla (Friedrich Schiller)
Disapprovo le tue opinioni, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di esprimerle (Voltaire)
Lo stolto ha solo certezze; il sapiente non ha che dubbi (Socrate)
Sognatore è un uomo con i piedi fortemente appoggiati sulle nuvole (Ennio Flaiano)

martedì 25 dicembre 2012

A TUTTI GLI AMICI BLOGGER

I PIÙ AFFETTUOSI AUGURI
DI BUONE FESTE NATALIZIE

dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

venerdì 14 dicembre 2012

Revival XXXVIII

Like a bird on the wire,
Like a drunk in a midnight choir
I have tried in my way to be free.
Like a worm on a hook,
Like a knight from some old fashioned book
I have saved all my ribbons for thee.

If I, if I have been unkind,
I hope that you can just let it go by.
If I, if I have been untrue
I hope you know it was never to you.

Like a baby, stillborn,
Like a beast with his horn
I have torn everyone who reached out for me.

But I swear by this song
And by all that I have done wrong
I will make it all up to thee.

I saw a beggar leaning on his wooden crutch,
He said to me, "You must not ask for so much."
And a pretty woman leaning in her darkened door,
She cried to me, "Hey, why not ask for more?"

Oh like a bird on the wire,
Like a drunk in a midnight choir
I have tried in my way to be free.

(Leonard Cohen: Bird on the Wire)

Come un uccello sul filo,
Come un ubriaco in un coro di mezzanotte
Ho tentato a modo mio di essere libero.

Come un verme sull'amo,
Come un cavaliere di qualche libro antico
Ho conservato tutti i miei nastri per te.

Se io, se io sono stato scortese,
Spero tu possa lasciar correre.
Se io, se io sono stato falso
Spero tu capisca che non lo sono mai stato per te.

Come un bimbo, nato morto,
Come una belva col suo corno
Ho fatto a pezzi chiunque mi avvicinasse.

Ma giuro su questa canzone
E su tutto ciò che ho fatto di sbagliato
Che metterò tutto a posto per te.

Vidi un mendicante appoggiato alla sua stampella di legno,
Mi disse, "Non devi chiedere così tanto."
E una graziosa donna appoggiata alla sua porta in penombra,
Mi gridò, "Ehi, perchè non chiedere di più?"

Oh come un uccello sul filo,
Come un ubriaco in un coro di mezzanotte
Ho tentato a mio modo di essere libero.

Bird on the Wire è una di quelle canzoni che gli inglesi chiamano signature songs (canzoni firma), tanto immediatamente rappresentano l'autore o l'interprete; in questo caso si tratta del canadese Leonard Cohen, uno dei massimi interpreti mondiali della musica d'autore di tutti i tempi.
Come tutti i brani famosi, anche questo ha avute numerose cover da altri cantanti; e ancora non ho deciso se preferisca la versione, melodica e folk, dell'originale, o quella, decisamente più blues, che Joe Cocker presentò nel suo album joe cocker! (scritto proprio così in copertina, con le iniziali minuscole e il punto esclamativo) che me lo fece conoscere più di quarant'anni fa.
Nel dubbio, ve le presento tutte e due...



Buon ascolto dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

lunedì 10 dicembre 2012

Numeri in rosa II (Curiosità matematiche X)

Tempo fa pubblicai un POST sulle donne matematiche della storia, da Theano, la moglie di Pitagora, fino a Gaetana Agnesi. Qualcuno mi fece garbatamente notare di essermi dimenticata Ada Lovelace, considerata la prima programmatrice di computer della storia. Era vero, non mi era proprio venuta in mente, ma oggi Google mi ricorda che cade l'anniversario della sua nascita. Ed eccomi a colmare la lacuna...

Ada Lovelace
Augusta Ada Byron, figlia primogenita – e unica figlia legittima – del poeta George Gordon Lord Byron, nacque a Londra il 10 Dicembre 1815 dal breve matrimonio del poeta con la matematica Anne Isabella Milbanke; non ebbe praticamente rapporti col padre, così come non ne ebbe l'altra figlia Allegra, nata da una successiva relazione di Byron con Claire Clermont, sorellastra della moglie di Percy Bysshe Shelley, la scrittrice Mary Wollstoncraft, e morta in tenera età nel monastero di Bagnacavallo in Romagna al quale Byron l'aveva affidata subito dopo la nascita.
Il matrimonio di George e Anne naufragò quando Ada aveva appena pochi mesi; seguendo le orme materne Ada s'interessò fin da giovanissima agli studi matematici, ottenendo lusinghieri risultati.
Nel 1835 sposò William King, Conte di Lovelace, e da allora cominciò a firmarsi Ada Lovelace, nome col quale è conosciuta tutt'oggi.

Modello della Macchina Analitica di Babbage (part.)
È nota la sua lunga collaborazione con Charles Babbage, da tutti considerato il fondatore dell'informatica: il suo progetto di macchina analitica – un elaboratore meccanico in grado di svolgere svariati compiti al di là del semplice calcolo numerico, mosso da una macchina a vapore e grande come un appartamento – è considerato dagli storici della matematica come tecnicamente fattibile e teoricamente funzionante, anche se all'epoca, dato l'enorme impegno tecnico e finanziario che avrebbe richiesto, non fu mai costruito. Babbage realizzò tuttavia un prototipo di macchina differenziale, una calcolatrice in grado di elaborare tabelle numeriche.
Ada Lovelace, in collaborazione con Babbage e basandosi anche sugli studi di Luigi Filippo Menabrea, che tradusse in inglese ed ampliò coi suoi appunti, produsse un algoritmo che è considerato il primo esempio di software della storia.
Ada Lovelace morì il 27 Novembre 1852 all'età di trentasei anni. Nel 1979 il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d'America creò un linguaggio di programmazione per i propri computer che fu chiamato Ada in suo onore.

Un saluto dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

martedì 4 dicembre 2012

Auguri! (riflessioni atto nono)

Oggi questo blog compie sei anni; nacque la sera del 4 Dicembre 2006, con un post timido ed esitante (che riporto QUI per far sorridere chi avesse voglia di andarlo a rivedere), senza nessuna idea precisa di che cosa volessi fare in blogosfera e con molto poche aspettative dalla stessa.
Sei anni sono un sacco di tempo in rete, anche se a ripensarsi, come sempre accade, sembra sia successo ieri: invece sono successe un mare di cose, ma tra alti e bassi, con qualche sbandamento (in particolare a seguito della chiusura di Splinder un anno fa), questo piccolo spazio è sempre andato avanti e, mi auguro, continuerà a farlo anche in futuro.
Mi spiace che la ricorrenza sia capitata in un momento di scarsa vena da parte del sottoscritto: mi scuso ancora una volta con tutti per le mie assenze, ma tengo a precisare che non abbandonerò mai del tutto la rete senza preavviso. Magari a volte sarò più assiduo, altre meno, ma non è mia abitudine andarmene senza salutare.
Un ringraziamento a tutti quelli che mi sono stati vicini e mi hanno seguito in questo non breve periodo. E per farmi perdonare questo post un po' raffazonato e banalotto, vi lascio con una bella canzone.


Un saluto e un abbraccio dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

domenica 18 novembre 2012

Cineforum – Piccoli e grandi film d'ogni tempo (VIII)

Il gabinetto del dottor Caligari (Das Cabinet der Dr. Caligari, D, 1920, b/n con viraggi, 71 min)

Regia: Robert Wiene


Interpreti: Friedrich Fehér, Werner Krauss, Konrad Veidt, Lil Dagover, Hans Heinrich von Twardowski


Soggetto e sceneggiatura: Hans Janowitz, Carl Mayer


Fotografia: Willy Hameister


Genere: drammatico-horror


Musica: Giuseppe Becce



La trama: seduti su una panchina, il giovane Franz (Fehér) e un anziano discorrono; il giovane racconta all'altro una storia allucinante che si snoda come un lungo flashback in pratica della durata di tutto il film: l'ambiguo dottor Caligari (Krauss) espone alla fiera del paese un fenomeno da baraccone, il sonnambulo Cesare (Veidt); svegliato dal suo sonno, Cesare è in grado di predire il futuro.
Una serie di misteriosi delitti si verifica in concomitanza con l'arrivo di Caligari; ad Alan (von Twardowski), amico di Franz, viene predetto da Cesare che morirà la mattina seguente, e la predizione puntualmente si avvera; la giovane Jane (Dagover), di cui sono innamorati sia Franz che Alan, viene rapita. Sarà Franz a convincere le forze dell'ordine che il colpevole di tutto è Caligari, che manovra Cesare a suo piacimento ordinandogli di commettere ogni tipo di delitto; braccato dalla polizia Caligari si rifugia in un manicomio, del quale si scopre essere il direttore.
Alla fine del lungo flashback viene rivelato allo spettatore che Franz, il suo interlocutore e i suoi amici, sono tutti ospiti del manicomio, e che la storia raccontata è un'allucinazione della sua mente malata; ma è davvero così o è il dottor Caligari che, riuscendo a farli passare per pazzi e internandoli, potrà proseguire indisturbato i suoi folli esperimenti?

Il commento: iniziatore ed emblema del cinema espressionista (secondo alcuni critici si tratterebbe dell'unico vero film espressionista in senso stretto), Il gabinetto del dottor Caligari è uno dei più alti esempi di suggestione visiva mai visti al cinema: la tecnica registica ancora rudimentale (lunghe riprese a macchina fissa, poco montaggio, insistiti primi piani, dissolvenze a diaframma), lungi dall'appiattirlo, gli comunica invece un senso di claustrofobica e angosciosa allucinazione; così la recitazione (tipicamente teatrale), il pesante trucco degli interpreti e le incredibili scenografie, dove nulla (dalle case alle strade agli oggetti di uso comune come sedie e tavoli) ha un aspetto normale: l'arredamento degli interni sembra preso dai quadri di De Chirico o di Dalí; all'esterno, vie contorte e zigzaganti che si trasformano sovente in vicoli ciechi, case dalle architetture impossibili e volutamente artificiose, tutto contribuisce a rendere con sorprendente efficacia l'atmosfera di disturbo mentale nel quale la narrazione è immersa.

Curiosità: si dice che la prima scelta della produzione per la regia di questo film fosse quella di Fritz Lang, che era però impegnato altrove nel periodo in cui si sarebbe dovuto girare.
Anche se le musiche originali furono composte dall'italiano Giuseppe Becce (il film è ovviamente muto, data l'epoca), esistono varie versioni di musiche successive composte appositamente per questo film; in particolare dal 2006 il duo Enklave Elektronica porta in scena una colonna sonora dal vivo eseguita durante le proiezioni.
Nel film italiano Il secondo tragico Fantozzi, Fantozzi/Villaggio ottiene il suo posto di lavoro producendosi in uno sperticato (ed evidentemente imparato a memoria) elogio di questo film e dell'espressionismo tedesco in generale durante il colloquio di assunzione con un direttore patito di cinema.

Un saluto dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò